Giovanna Casotto: Intervista a me stessa


Oggi Giovanna mi ha spedito questa "Intervista a se stessa".
"Tante e sempre le solite domande" dice, messe in chiaro una volta per tutte... ecco qui...



Comincerei con l’erotismo…

L’erotismo mi attira in tutte le sue forme, dall’arte alla scrittura, dall’esperienza reale al sogno. E’ il mio unico vero interesse, gli altri sono solo secondari. Mi piace approfondire questo argomento e sentire altre voci a riguardo, perché niente più dell’eros muove la mia vita, niente più di esso scandisce il mio tempo e niente di più segna il mio spazio! Insomma, tutto ciò che mi riguarda trasuda erotismo… E quando posso, una volta acquisito, cerco di distribuirlo e spargerlo lungo i sentieri che percorro… tra la gente… attraverso i miei disegni… E’come se la vita mi avesse dato un compito e mi avesse detto: “vai e regala sogni d’amore!” Io ci provo! Non E’una presunzione la mia, ma un tentativo di condividere le mie fantasie con gli altri. Raccontare i sogni è un po’ come viverli, senza fare i conti con la realtà. E’ un po’ come liberare l’anima.
Sognare è necessario! Certo il rischio è quello di confondere la realtà con la fantasia, ma il “segno” confina il “sogno” nella bidimensionalità del foglio di carta. Eccolo così costretto a distinguersi dal mondo reale! O meglio, l’atto di fissare le fantasie nel disegno conferisce loro il valore di sogno.

Come nasce la passione del disegno?

La storia è lunga! Per chi può permettersi di annoiarsi , eccola qua: …fin da piccola ritagliavo per me un angolo dei sogni ( tipo l’area-fumatori all’ikea ) in cui mi isolavo dal resto del mondo per vivere indisturbata le mie fantasie. A pensarci bene, però, era stato il resto del mondo ad isolare me, avendo deciso che la mia infanzia dovesse svolgersi nella desolata campagna veneta.
Lontana dai miei genitori, dalle mie sorelle, dagli altri bambini e dal progresso, mi ritrovavo sola tra vigne e pannocchie a fare i conti con il nulla. Cominciavo così ad immaginare un mondo fantastico, fatto di sogni e visioni. Era il mio piccolo grande mondo… così diverso da quello reale, ma vero!
E quando, anche questo mondo mi abbandonava, acuivo i sensi per avvertire, intorno a me, un benché minimo segno di vita. Vista, udito, tatto, olfatto e gusto s’impegnavano a percepire nei minimi dettagli tutto ciò che mi circondava. Ecco che, un leggero fruscio di un filo d’erba mosso dal vento, diventava per me un evento…là, dove non c’era niente… là, dove non succedeva niente!
Il mio spirito di osservazione s’ingrandiva in maniera esponenziale, necessariamente!
Mentre trascorrevo l’infanzia dalla nonna paterna, mia madre restava a Milano con le mie sorelle, rafforzando, così, l’amore per loro. Io cercavo, piuttosto, l’amore di mio padre, credendo che quello di mia madre si esaurisse con loro. Ma come potevo conquistare l’amore di mio padre, anch’egli così distante? Dovevo trovare un momento d’incontro con lui, intimo, emotivo, esclusivo. Così,cercai la sua attenzione attraverso il disegno. Essendo mio padre un ottimo disegnatore, di certo si sarebbe interessato a me vedendomi intenta a coltivare una passione che era anche la sua. Si dice che le passioni uniscono! Eh si, sentivo che mi amava quando si dedicava alla correzione dei miei disegni.
Ecco perché ancora oggi disegno! Ecco perché credo che “disegnare” non sia una dote, ma un bisogno di comunicare, un atto d’amore, una ragione di vita. Il disegno è un linguaggio che rende comprensibile un messaggio, che comunica sentimenti ed emozioni.
Dal punto di vista tecnico è solo un po’ più complicato della scrittura. Tutti possono imparare a scrivere e a disegnare se ne hanno voglia o necessità. Non credo alle doti, tanto meno a quelle innate. Saper disegnare è solo una questione d’allenamento, non una dote!

Erotismo: passione vitale?

…Mia nonna era molto povera e costretta al duro lavoro nei campi. Non aveva tempo per me. Le uniche attenzioni che ricevevo, lì, durante la mia permanenza nella campagna veneta, erano da parte di alcuni miei cugini più grandi di me, che di quando in quando venivano a farci visita. La loro presenza rendeva le giornate festose. Giocavamo alle carte fino a tarda notte e la casa si riempiva di voci e risate ed io ero contenta. Loro mi davano mille attenzioni, baci e carezze.
Durante le partite a carte, giocate intorno al grande tavolo di marmo, qualcuno di loro mi teneva in braccio e, senza pudore, frugava con le proprie mani nelle mie mutandine. Io di pudore ne avevo, nonostante la mia tenera età, ma li lasciavo fare, perché quelle carezze mi piacevano, Dio sa, quanto mi piacevano! Le loro dita sembravano esperte e con dolcezza, mai con arroganza, distribuivano al mio corpicino tanto piacere.
Mio cugino P. aveva un tocco leggero e delicato. La sua mano sembrava essere la più esperta. Trovava subito il punto giusto e con le estremità delle dita lo stimolava fino a farmi addormentare felice sulle sue ginocchia. Il grande tavolo di marmo riparava il nostro gioco dagli sguardi altrui, nascondendo la mia intimità e il suo interesse per me, che probabilmente cresceva dentro i suoi pantaloni. Non ne ero così sicura, ma di certo ricordo la mia carne di bimba che diventava molle e soffice al tocco delle sue carezze, rendendosi disponibile come una schiava che si sottomette al suo padrone.
Talvolta veniva a trovare la nonna una mia cugina,anche lei più grande di me. Era bella e aveva un carattere molto forte. Tendeva a dominare. Non era molto alta e aveva un corpo esile ma con delle grosse tette. Anche le sue tette sembravano dominare. Le piaceva tanto guardarsi allo specchio e si spazzolava spesso i capelli. Dopo pranzo ci coricavamo insieme nel lettone della nonna per una pennichella. Ricordo ancora la freschezza di quelle lenzuola di cotone grezzo e il loro profumo di sapone di Marsiglia. Ma ricordo soprattutto il sapore di mia cugina, appetitoso, forte e deciso, lì, dove agli uomini piace perdersi. Si spogliava completamente davanti a me. Esibiva compiacente il suo corpo pretendendo il mio sguardo e le mie carezze. Guidava con autorità le mie piccole mani verso le parti più sensibili del suo corpo, insegnandomi a muoverle in modo tale da procurarle piacere. Eh, si…mia cugina amava gli specchi. Ne aveva persino uno piccolo da borsetta. Porgendomelo mi chiedeva di muoverlo intorno alla sua vagina per vederne il riflesso e potersi ammirare, mentre se ne stava supina nel letto.
Le piaceva guardarsi la fica. Mi ordinava di aprirla, di scostarne leggermente le labbra e di assaggiarla. Imbarazzata obbedivo. Nel frattempo lei si carezzava il seno e dondolandosi mugolava soddisfatta. Io rimanevo lì, un po’ impacciata. Non potevo comprendere quelle sue necessità, considerata la mia giovane età,ma capivo bene che facevamo qualcosa di proibito dai suoi lievi sussurri e dalle mandate di chiave inferte alla porta. Temevo che qualcuno ci scoprisse e che sarei stata punita per quel che facevo. Ma temevo ancor di più di deludere mia cugina. Lei, si, che mi avrebbe punita se non avessi eseguito i suoi ordini!
Perciò, nonostante le mie paure continuavo quel gioco, che, in verità, cominciava a piacermi. Non so dire perché… mi sembrava una forma d’affetto che prevedeva attenzioni davvero speciali.
Mia cugina era esigente quando m’impartiva gli ordini: “ Togliti il vestito”…” Sfilati le mutande”…” E ora sfila anche le mie”…” Prendi lo specchietto e puntamelo in mezzo alle gambe”…” Voglio guardarla… ecco così… sei proprio una brava bambina… lo vedi anche tu come è gonfia e rossa!... Ti piace, vero?... Aprila un po’ di più… e ora assaggiala!... Su, da brava, baciala.”
Ed io la baciavo, mentre lei premeva la mia testa contro il suo sesso, immobilizzandola, costringendomi a bere tutta la sua smania sessuale prima che scivolasse via.
Io, per forza, assaggiavo e bevevo… che sapore! Corposo e intenso come quello di un vino d’annata!
Anche lei voleva assaggiare e bere. Perciò, finito il mio compito, mi sollevava la testa e portandola verso la sua, mi baciava la bocca succhiando quel che rimaneva del suo nettare. Infine mi stringeva a sé con un abbraccio quasi materno, come per ringraziarmi, e si addormentava esausta sopra di me.
Era bello sentire il suo corpo incollato al mio dal sudore. Mi sentivo adottata, amata come una figlia. Lei si addormentava sempre prima di me, mentre io rimanevo un po’ lì, a scrutare le nostre nudità rigate dal sole che filtrava timido attraverso gli spiragli delle persiane.
Poi mi addormentavo anch’io.
Così, senza rendermene conto, mi ritrovavo intrisa di eros fin dalla primissima infanzia. E quell’eros entrò a far parte della mia vita radicandosi in me come le fondamenta di una casa.
Insomma, l’infanzia condiziona per sempre l’avvenire di un individuo portandolo a conformare i propri sentimenti alle emozioni primarie. La formazione psichica di un adulto dipende dai suoi primi anni di vita: così dicono gli psicologi. Nel mio caso, ecco spiegato lo spirito di osservazione, maturato in condizioni di solitudine. Ecco spiegata la passione per il disegno come mezzo di comunicazione e bisogno d’amore. Ecco spiegato il forte interesse per l’erotismo percepito come forma d’affetto da una bambina abbandonata a sé stessa. Ed ecco spiegata la scelta di fare fumetti erotici come sintesi delle mie prime emozioni.
Pornografia ed erotismo: definizioni che oscillano? Esiste un confine?
L’eros è la componente sessuale dell’impulso amoroso e i suoi riflessi profondi sulla psiche sono unici e personali. La psiche è il complesso dei fenomeni che consentono all’individuo di formarsi un’esperienza di sé e del mondo ed è specifica per ognuno di noi. Le passioni, gli istinti, gli atti nei riguardi del sesso variano da individuo a individuo facendo dell’erotismo una questione del tutto personale. Perciò, un’immagine, uno spettacolo, un argomento, possono sembrare erotici ad alcuni o pornografici ad altri. Si dice che la pornografia sia l’erotismo altrui, mai il proprio! Infatti, come può il proprio impulso sessuale che è anche un impulso vitale, considerarsi pornografico e/o osceno?
Insomma, il confine tra erotismo e pornografia oscilla seguendo il proprio gusto e pudore. Chi può dire che questa o quell’immagine sia pornografica anziché erotica?
Lascio a voi la risposta!
Nel frattempo io continuo a disegnare fumetti.
Erotici o pornografici che siano, poco importa! Lo scopo è quello d’accontentare divoratori d’immagini che sognano con me certe fantasie e che dividono con me certe emozioni.

La storia nei miei fumetti non è fondamentale...

La storia è solo un pretesto per disegnare! Il disegno nei miei fumetti racconta da sé. Non è una presunzione la mia, ma una scelta. Scelgo il segno come portavoce della sensualità. Bastano le sfumature della grafite per dare la sensazione di carnalità. Non occorre una storia! E poi, non ho grandi storie da proporre, ma solo sensazioni.

Riguardo la femminilità…

Femminile è tutto ciò che appartiene solo alla donna. Dalla sensibilità d’animo alla cellulite. Dal fascino della seduzione alla grazia con cui una donna ondeggia camminando, a piedi nudi o con un paio di scarpe dai tacchi a spillo. Dall’assunzione di atteggiamenti di pin-up ad ammiccamenti e sorrisi.
Questa è la femminilità che mi piace rappresentare!
Una femminilità giocosa e spensierata, tipica delle “donnine” del dopoguerra che amavano farsi belle enfatizzando, con abbigliamento ed accessori, le proprie forme come forte richiamo sessuale per l’uomo. Ma attenzione! Non parlo di donne-giocattolo, ma di donne che giocano, ironicamente… scherzosamente.



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