Intervista a Cristina Pavarotti, regista-autrice di Giòcala!, un film-documentario sul calcio femminile



"C’è chi dice che l’androginia è lo scenario per il prossimo futuro.
I pubblicitari usano ragazzi androgini.
E non è un caso".


Un documentario sul calcio femminile. Calcio e femminile, due parole che si sentono in un qualche modo dissociate, quando si parla di calcio infatti viene subito da pensare al calcio maschile...

Semplicemente non si parla mai di calcio femminile (parlo dell’Italia). Questo in parte è dovuto alla popolarità di cui gode il calcio maschile ma il silenzio assoluto che c’è sul calcio femminile, molto più forte rispetto ad altri sport minori, è sospetto. E per me non casuale. Le calciatrici (per questo le ho scelte come soggetto), come altre categorie di donne, quando con la loro presenza e la loro attività invadono un territorio maschile dal quale sono escluse per tradizione in quanto donne, ripropongono indirettamente la questione dell’essenza della femminilità e della mascolinità. Non sono io a dirlo. Un bel saggio di Paola Di Cori sulle donne armate mi ha ispirata.

Questo documentario quanto parla di sport, e quanto parla di “modelli sociali”? Cioè mi pare ci sia soprattutto uno sguardo al rapporto di come nella nostra società viene stereotipata e rappresentata la femminilità, l’essere donna, e di conseguenza l’essere uomo.

Mi piace il calcio, e raccontarlo. Mi sono divertita. Giòcala! parla di calcio femminile delle sue protagoniste in campo e fuori, di goliardia femminile (di cui non si parla mai quando si parla di relazioni tra donne) Per il resto, il progetto è nato dal mio interesse a documentare attività e scelte che intaccano un’idea convenzionale di femminilità e che suggeriscono nuove immagini di donne. La scelta del calcio femminile mi è saltata in mente. Ho subito preso a svilupparla. Era tutto quello che mi interessava. Raccontare un ambiente inesplorato, raccontare del femminile e del maschile, di come questi concetti si evolvono in un ambiente totalmente sconosciuto. Una prospettiva originale, ne sono convinta. E se ne sono convinti anche chi mi ha finanziato e Christian (Caiumi, riprese e montaggio di Giòcala!) che ha lavorato con me.

A proposito di modelli sociali, è come se in questa società si proceda per associazioni di ruoli. Col lavoro diventi ciò che fai, difficilmente ti riconoscono per quel che sei; vale questo se hai un ruolo ritenuto importante all’interno della società diventi degno, se invece fai un lavoro “normale” sembra che ti si appiccichi addosso una patina di povertà, diversamente di dignità... Tu che hai cambiato vari lavori lo hai sperimentato...

Non so bene. Io ho fatto questo doc e ho altre idee in testa e faccio e sono una cameriera. Sono laureata. Ho fatto per molto tempo un lavoro ‘coerente’ con il mio titolo di studio. Poi è cambiato tutto. E’ stata una mia decisione. Quasi tutti quelli che mi conoscono hanno criticato apertamente o meno la mia scelta. Me ne frego. Ma la questione resta, quella che hai posto. Io so solo che sono una cameriera e altre cose adesso. Poi, non so. Ma non ho risposto alla tua domanda.

Tornando al tuo documentario sul calcio femminile, proprio perché si gioca di associazioni spesso si parla e si identificano le calciatrici come omosessuali, visto che lo sport è un sport da uomini; quelle donne che lo praticano non vengono viste proprio come donne-donne...

Una volta alla domanda come mai tanti omosessuali nella danza, un ballerino classico ha risposto che di omosessuali ce ne sono in tutti gli ambienti. Semplicemente nella danza classica l’omosessualità non è repressa e quindi sembrano di più, gli omosessuali. Questo vale un po’ anche nel calcio femminile. Non ci sono solo lesbiche…è uno stereotipo. Semplicemente, il calcio femminile è un ambiente protetto senza esibizionismi né negazioni. Ma solo all’interno. All’esterno, viviamo tutti nello stesso mondo, e c’è chi se ne frega e chi no.

Hai trovato difficoltà nel promuovere questo documentario? E se sì di che tipo?

Per prima cosa ho trovato difficoltà a realizzarlo. Come privato cittadino farti finanziare un’idea è impossibile anche se l’idea è buona. Devi fondare un’associazione o appoggiarti a una esistente. Nessuna delle soluzioni era adatta a me, al mio modo di lavorare. Poi ho trovato un mio modo, ma è stato faticoso e ho perso un sacco di tempo. Invece che tanti seminari corsi e associazioni pronti a insegnarti a scrivere e a montare un film, vorrei un servizio che fornisse informazioni su come trovare i finanziamenti..quali sono i canali migliori le strade da percorrere. Questo vorrei. Promuoverlo? Promuovere un documentario è difficile, almeno per chi è al primo lavoro. Pochi canali distributivi, spesso per niente redditizi. Anche su questo vorrei più chiarezza.

Cos’è la femminilità per te? E’ un valore o no?

La femminilità per me è una messa in scena per lo più, così come la mascolinità. Ma questo non le toglie fascino. Non per me.

Cosa ne pensi del modello androgino? Secondo te, più passa il tempo più ci si avvicina a questo ideale, o si è davvero distanti?

Sono due domande. Rispondo alla prima. Il modello androgino. Ti dico quello che mi interessa, la compresenza di femminile e maschile in uno stesso soggetto. Questa compresenza, per alcuni affascinante, spaventa un sacco di gente perché intacca un perno della nostra società, la differenza sessuale, la separazione tra sessi che è alla base di un’identità sociale stabile . L’androginia è spesso percepita come anticamera della desessualizzazione. Una paura atavica legata alla paura dell’estinzione. Più in generale, ormai da tempo si nota (basta far caso al mondo dei consumi e alla pubblicità) una femminilizzazione di valori atteggiamenti gusti, cioè il diffondersi tra la popolazione maschile di valori atteggiamenti gusti che per stereotipo si attribuivano in passato solo alle donne. C’è chi dice che l’androginia è lo scenario per il prossimo futuro. I pubblicitari usano ragazzi androgini. E non è un caso. Mi interessa vedere come tutto questo si evolverà. Il cambiamento nei consumi dice parecchie cose su di noi. Altro non so dirti.

Ipoteticamente però, se le differenze tra uomo e donne si assottiglino, non credi che pure le così dette regole dell’attrazione si ammoscino?

Non è questione di assottigliarsi delle differenze, è che il confine è meno rigido di quello che si pensa di quello che ci hanno insegnato.

Come li vedi i rapporti tra il femminile, che spesso autoalimentano la propria subordinazione ad un pensiero e un regime maschilista e patriarcale?

Detesto il politicamente corretto che ha ucciso il pensiero critico ma non i pregiudizi che restano lì più o meno latenti e ti colpiscono allo stesso modo. Detesto i gruppi che parlano male di se stessi. Come certe donne. Apprezzo chi fa autocritica da una parte e dall’altra, uomini e donne. Ma non dimentico, e per questo ho assolto le donne che parlano male delle donne, che le donne sono state educate a una cultura sessista, e in questo clima, anche se ci sono stati consistenti cambiamenti, ancora in parte si vive. In questo contesto, solo menti molto originali e brillanti riescono a non confondersi. Quelle menti brillanti che criticano donne e uomini per quello che sono, cioè prodotti di una cultura e colpiscono quella cultura, ecco quelli li ascolto. Gli altri, io, no.

Il femminismo è stato indispensabile? E oggi le femministe non rischiano un po’ di ridicolizzare la categoria?

Il femminismo è stato molto importante in un periodo storico. Ora andrebbe riformulato. Non voglio che qualcuno mi definisca ‘femminista’ non mi ci riconosco. C’è troppa confusione sul significato di questo concetto. Sembra ancorato al passato e legato esclusivamente alle donne. Io dico spesso, quando si parla di donne sembra che si parli solo di donne…ma andiamo…quando si parla di donne si parla anche di uomini e viceversa. Il femminismo andrebbe riformulato a partire dal concetto di libertà. Ridiscusso e ‘pubblicizzato’ nella sua rinnovata essenza per smetterla con i fraintendimenti che hanno cercato in passato di ostacolare il libero pensiero, specie delle donne.

Quanto spesso però capita di difendere i diritti delle donne ed essere scambiate per femministe?

sì, e lo trovo pessimo per la difesa dei diritti delle donne perchè è come essere tacciate di anacronismo…quando ti danno della femminista è come se ti dicessero non ce n’è più bisogno, sei fuori tempo.

Su cosa ti piacerebbe lavorare prossimamente?

Sto lavorando su due cose diverse. Uno studio fotografico forse propedeutico a un documentario, ma non so bene che forma prenderà, su un argomento che mi diverte molto. E poi c’è un’altra cosa, sul lavoro sui lavori.

Tre cose che leveresti dalla faccia della terra?

Una: i ricchi.

Tre cose che invece vorresti esistessero...

Una: vorrei essere ricca.

Una frase che vorresti dire...

"La differenza tra un intellettuale e un operaio è che l’operaio si lava le mani prima di pisciare e l’intellettuale dopo." (La legge di Marphy per la sinistra).
Poi un’altra cosa, Christian che ha lavorato con me al doc. Lo ringrazio, lui e la sua intelligenza.




Links

Cristina Pavarotti: MySpace Page: http://www.myspace.com/cristinapavarotti



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